Siamo sposati da 14 anni, abbiamo 5 figli: Pietro 13 anni, Tommaso 11, Maria 9, Francesco 7 e Giò che è già in cielo ad abbracciare Gesù, è vissuto solo poche settimane dal concepimento.
Per noi la castità è stata, ed è la nostra salvezza.
Evidenziamo subito questo concetto perché è la base di tutto, è la nostra adesione alla proposta di Gesù, è il nostro Si a Gesù nella nostra vita.
La castità ci ha salvato da noi stessi.
Io, Luisa, avevo una visione spiritualista del matrimonio, della vita di coppia. Pensavo, cioè, che nel rapporto di coppia fosse importante andare d’accordo, armonizzare i caratteri, condividere gli interessi e i progetti. Ritenevo che il rapporto sessuale fosse importante ma fino ad un certo punto, non lo consideravo la manifestazione più alta dell’amore sensibile tra marito e moglie.
Io Antonio, invece, ero di tutt’altro avviso. Mi ricordo che all’inizio Luisa mi piaceva sì, ma non pensavo a lungo termine, pensavo a come corteggiarla per poterla portare a letto, non pensavo esattamente di usarla, non mi ritenevo cattivo e doppiogiochista, semplicemente pensavo che fosse normale comportarsi così, almeno così l’avevo pensata fino a quel momento. Tutto quello che sapevo sul sesso l’avevo appreso dagli amici, dalla televisione e da internet.
Venivamo, quindi, da due pianeti diversi e, pur avendo torto entrambi, ognuno pensava di aver ragione. In poco tempo ci saremmo odiati, saremmo arrivati alla separazione, al divorzio.
Ne abbiamo avuto riprova di questo già durante il fidanzamento in quanto io Antonio spingevo per ottenere subito qualcosa e Luisa invece resisteva e non solo, si sentiva violata e violentata dal mio comportamento e forse inconsciamente pensava di sbagliare lei e questo ha rischiato di farci allontanare definitivamente più di una volta.
Invece, la Provvidenza ci ha condotto al Gaver, su questo monte sacro, su questo Tabor, dove Gesù si è manifestato, parlando attraverso uno dei suoi profeti: Padre Raimondo e adesso che lui non c’è più attraverso tante famiglie che vivono la verità del matrimonio.
Raimondo ci ha aperto lo scrigno dei tesori del sacramento del Matrimonio, tesori che scaturiscono dal rapporto sessuale, ecologicamente svolto, cioè in armonia con tutte le componenti del corpo e dello spirito, autentica unione dei corpi e dei cuori.
Abbiamo capito dapprima che, se volevamo avere meno difficoltà e partire già bene, avremmo dovuto vivere castamente ciò che ci rimaneva del fidanzamento, questa volta però con la consapevolezza di ciò che stavamo facendo e non solo per una richiesta “assurda” della Chiesa.
Abbiamo capito che nel matrimonio il rapporto sessuale va curato, valorizzato, migliorato; abbiamo capito che una coppia di sposi cresce nell’amore solo se cura, valorizza, migliora il rapporto sessuale; abbiamo capito che una coppia di sposi vive castamente, vive in castità solo se cura, valorizza, migliora il rapporto sessuale; abbiamo capito in che cosa consiste la castità coniugale: essa consiste nel curare, valorizzare, migliorare il rapporto sessuale.
Io mi chiedo a volte cosa avremmo fatto senza questa fortissima consapevolezza dell’importanza del rapporto fisico per vivere al meglio il matrimonio e nutrirci della grazia del sacramento. Noi abbiamo 4 bambini e tantissime volte la stanchezza, le cose da fare, le preoccupazioni, i malesseri di stagione ti portano a diradare anche di parecchio i rapporti e questo non fa che creare un circolo vizioso che ti abbassa sempre di più, togliendo serenità, forza, amore e unità alla famiglia. Proprio per questo noi abbiamo sempre cercato di seguire i ritmi proposti da Bardelli: quando possibile, cioè, 2 giorni no e uno sì, a volte imponendoci di cominciare senza avere nessuna voglia magari puntando la sveglia alle 5 perché altrimenti non avremmo avuto altro momento sicuro e libero da impegni.
Adesso che i bambini sono grandi e quindi vanno tutti a scuola cerchiamo di ritagliarci momenti da dedicare a noi sia per il rapporto fisico sia per passeggiare, mangiare, parlare, nutrirci del nostro amore che poi possiamo dare anche ai bambini. Ho preso l’abitudine ad esempio di usare la pausa pranzo per tornare a casa e stare con Luisa in un’ora dove non siamo stanchi e tutto riesce meglio oppure prendere giorni di ferie o permessi per stare con lei.
Il nemico numero uno della castità coniugale è la contraccezione, perché la castità presuppone la totale accoglienza dell’altro o dell’altra, compresa la sua fertilità.
Utilizzare metodi contraccettivi è come dire tu Luisa mi piaci ma una parte di te, la tua fertilità, mi infastidisce, quindi, vediamo di porre rimedio in qualche modo perché voglio divertirmi.
Noi abbiamo usato il metodo naturale Billings con qualche nervosismo da parte di Antonio, perché, io non riuscivo ad impararlo, anche perché sono rimasta incinta subito dopo il viaggio di nozze, poi è seguito l’allattamento, poi abbiamo cercato un altro figlio e così via fino al quarto. Quando è nato Francesco, il primo figlio, Pietro, aveva cinque anni e mezzo. Per essere sicuri di non concepire il quinto, abbiamo usato il preservativo per un certo periodo. Due sacerdoti ci avevano dato una specie di autorizzazione, ma non eravamo contenti, finché un altro sacerdote ci ha rivelato che nessun sacerdote poteva dare autorizzazioni di questo genere.
Qui la colpa è stata sicuramente mia (Antonio) o meglio del fatto che durante il fidanzamento e anche nella mia vita prima non mi sono preparato al matrimonio nella castità imparando a potenziare e esprimere al meglio altre espressioni di amore che non sono solo il rapporto fisico o propedeutiche al rapporto fisico. Io mi sentivo fregato preso in giro da questi metodi che anche all’ultimo momento potevano far saltare tutto se i segnali non erano certi e io ho fatto pesare molto a Luisa questa sua incapacità, accusandola anche che in realtà a lei non importava nulla di avere un rapporto o meno ed è per questo che non si impegnava a fondo. Avessimo incontrato Raimondo prima ci saremmo risparmiati un sacco di sofferenze e nervosismi.
La Provvidenza ci ha riportato, al Gaver, su questo monte sacro, su questo Tabor. Qualche anno fa, Giancarlo e Maria Castelli ci hanno proposto di affiancarli durante il terzo corso per fidanzati, affidandoci un insegnamento sulla castità prematrimoniale. Ci siamo accorti della nostra incoerenza, se non addirittura disonestà, nel proporre ai fidanzati quella castità (seppur diversa, perché quella dei fidanzati consiste fondamentalmente nell’astinenza) che noi non praticavamo. Durante lo stesso corso, ha tenuto un insegnamento il dott. Giovanni Lazzaroni, che ci ha informato che il dispositivo Persona era affidabile. L’abbiamo acquistato, siamo tornati ai metodi naturali, scoprendo a posteriori, quanto fosse stato arido il periodo del preservativo, anche se lo usavamo solo nel momento di possibile fertilità. Non abbiamo elementi per provarlo, ma riteniamo che alcuni problemi dell’ultimo figlio, Francesco, siano stati legati in qualche modo alla mancanza di nutrimento, che gli abbiamo sottratto non praticando la castità coniugale.
Con i metodi naturali e l’inizio della scuola materna di Francesco, è tornata la voglia di un altro figlio, abbiamo sospeso ogni metodo, dopo diversi mesi sono rimasta incinta, ma il figlio è morto alla settima settimana di gestazione.
È stata un’esperienza dolorosa, ma vista la mia età di allora, 47 anni, è stata anche miracolosa. Dopo le prime perdite, al pronto soccorso ci hanno detto di aspettare una settimana, dopo la quale, un ginecologo ci ha comunicato che non c’era nessun feto, ma solo la camera gestazionale vuota. Siamo andati al pronto soccorso per il raschiamento, ma la ginecologa ha trovato l’embrione. Le speranze erano poche, ma abbiamo aspettato un’altra settimana. Quando ci hanno confermato la morte dell’embrione, era venerdì santo. Abbiamo compreso che i figli sono un dono grande da parte di Dio, ma che il dono più grande è Dio stesso. Dio ci invita a corrispondere al suo amore indipendentemente dai doni che Lui ci può dare.
L’uso del preservativo ci avrebbe evitato quest’esperienza dolorosa, sia perché fa da barriera sia perché l’aridità che genera non ci avrebbe di nuovo aperti alla vita. Qualcuno potrebbe dire: bella roba la castità (prima la speranza, poi la gioia, quindi la paura, le visite ginecologiche spiacevoli, di nuovo la speranza, la sentenza definitiva, il ricovero, l’anestesia, il raschiamento). Ora abbiamo un figlio in più, l’abbiamo chiamato Giò, è sicuramente in paradiso, noi ogni sera gli chiediamo di pregare per noi. I nostri figli lo considerano parte della famiglia e nostra figlia Maria si chiede sempre se è maschio o femmina.
La contraccezione crea distanza tra gli sposi, la castità li unisce, la castità genera forza. Noi sentiamo questa forza pur nella fragilità delle nostre singole persone. Attingiamo a una forza che non appartiene né a me né a lui, attingiamo a una forza che appartiene a noi, in quanto sposi.
Non so se riguardi un po’ tutte le donne, però, nel nostro caso, mio e di Antonio, io tenderei a diradare le riattualizzazioni del sacramento del matrimonio, cioè i rapporti sessuali, e quindi ringrazio mio marito Antonio, perché è più attento di me a evitare che passi troppo tempo tra una riattualizzazione e l’altra.
La castità è un cammino e io devo ancora camminare molto, perché sono partita lontana chilometri dall’ideale di castità. Il vantaggio è che il matrimonio non è a termine, che io sono l’unica donna per Antonio e lui l’unico uomo per me, che se qualcosa va storto abbiamo promesso di essere fedeli l’uno all’altra, che se (miracolo!) io restassi incinta il figlio troverebbe ad accoglierlo una famiglia.
La castità nel matrimonio è la via normale e quella più sicura, per arrivare alla santità. La castità nel matrimonio, lo ripetiamo, consiste nel migliorare il rapporto fisico, rapporto fisico svolto ecologicamente. Se non viviamo in castità il matrimonio, a poco servono le preghiere e gli altri sacramenti.
La definizione migliore di castità coniugale è quella dell’ex presidente della Polonia Walesa, che, nel film “L’uomo della speranza”, parlando di sua moglie e del suo matrimonio (8 figli), dice: «Facciamo l’amore spesso e bene».
Walesa e San Giovanni Paolo II sono i due uomini che negli anni ’80 hanno acceso la miccia per far crollare pacificamente l’impero sovietico. Due uomini, che, vivendo in castità, povertà e obbedienza a Dio, hanno cambiato il mondo.
Tutti siamo chiamati a vivere in castità, povertà e obbedienza e, forse, Dio si servirà di noi per cambiare il mondo, per disperdere le tenebre che lo stanno avvolgendo.